27 Dic Il Risiko dei Porti – Da Punta Raisi alle isole. Interessi fino agli uomini della Lega
di Marco Bova
Fioriscono porti, sbocciano aeroporti. Ma quando – come per queste feste natalizie – i costi diventano esorbitanti, ecco tornare i cari vecchi bus.
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È questo il paradosso di una Regione che da anni garantisce risorse e know how a un settore che già da anni sembra destinato a rimpolpare le tasche dei privati.
Comprese quelle con realtà controverse, oltre ai riferimenti agli uomini della Lega.
Una strategia chiara ed esplicita per gli scali aeroportuali, meno per la galassia di porti turistici che in questi anni sta costellando luoghi più o meno noti dell’isola.
L’argomento è tutto da esplorare – lo abbiamo introdotto nella prima puntata (che trovate qui IL RISIKO DEI PORTI )
Ma nel distretto della Sicilia occidentale che unisce le province di Agrigento, Palermo e Trapani, tutto sembra chiaro. Compresa la funzione di porti ancora in fase di progettazione, come quello di San Vito lo Capo.
La Gesap da anni ne scrive nei suoi piani industriali: allungare i suoi interessi fino al porto di Marina di Cinisi, a cui aggiungere una struttura alberghiera a pochi passi dall’aeroporto di Punta Raisi. “Nell’anno 2023 costruiremo un parco a mare e poi un porticciolo interno che sia di collegamento tra l’aeroporto e le isole limitrofe”, ha detto l’amministratore delegato della società, Giovanni Battista Scalia, ai microfoni della Rai siciliana (l’intervista la trovate qui ), durante ‘Human Flow’, la tre giorni organizzata dall’associazione Push per discutere sulla mobilità.
“La sfida sarà quella di arrivare a poter proporre un biglietto Bordeaux-Ustica – ha aggiunto -, che consenta ai passeggeri di scendere all’aeroporto, prendere un aliscafo e raggiungere l’isola”.
Il progetto è datato e risale all’epoca in cui l’allora vicepresidente della società, Roberto Helg (presidente di Confcommercio Palermo) veniva arrestato “mentre intascava una tangente” da uno dei commercianti a cui era stato affidato uno spazio commerciale dentro l’aeroporto di Punta Raisi.
Era il periodo in cui a capo della Confindustria regionale c’era Antonello Montante, “il Paladino dell’Antimafia” (come era stato ribattezzato ), prima indagato per mafia e poi arrestato e condannato per aver messo su una rete di “spionaggio” con la complicità di forze dell’ordine e uomini delle istituzioni.
Cosa c’entrano? Lo vedremo nelle prossime puntate.
Proprio in quegli anni però iniziarono a sorgere alcuni importanti porti turistici, molti dei quali finiti al centro delle indagini della magistratura, quasi tutti costruiti da gruppi imprenditoriali che poi hanno esternalizzato la gestione.
Per contestualizzare il ‘piano’ bisogna fare un passo indietro, almeno fino al 2012 quando la ‘Società Italiana Dragaggi spa’ (Sidra) presentò alla Regione Siciliana un proposta faraonica per mettere le mani sulle spiagge siciliane, sulla quale venne presentata un’interrogazione parlamentare alla Camera (l’interrogazione completa qui ).
Lo scopo era quello di mettere in sicurezza e ampliare i porti siciliani, combattendo l’erosione e agevolando la nascita di attività ricettive.
Il piano poi si arenò, ma è utile evidenziare che la società – di proprietà di un gruppo belga – uscirà fuori anche dalle indagini sugli interventi al porto (non turistico) di Trapani in vista degli Act’s della Luis Vuitton Cup del 2005. Al loro fianco c’era l’imprenditore Francesco Morici, mai arrestato ne condannato per mafia, ma a cui il Tribunale Misure di Prevenzione nel novembre 2018 ha confiscato l’intero patrimonio .
Dagli accertamenti svolti, nei lavori del porto non vennero rispettati i capitolati d’appalto – con costi superiori – e i cantieri furono bloccati per molti anni e alcuni soltanto recentemente sono stati conclusi.
Rallentamenti che a macchia di leopardo si sono allargati tra le coste siciliane. Soprattutto per i porti turistici. A partire da quello di Castellammare del Golfo, più volte oggetto di sequestro nei diversi appalti affidati e realizzati e oggetto di processi penali, tra cui quello in cui è tuttora imputato l’ex vicesindaco di Alcamo, Pasquale Perricone che nel 2012 sfiorò il seggio all’Ars con la lista del futuro governatore Rosario Crocetta.
Uno di quegli appalti era stato vinto da un Ati (associazione temporanea di imprese) di cui faceva parte la Coveco, il consorzio di coop rosse finito nel ‘caso Mose’ di Venezia, che da li a poco sarebbe passato nell’orbita Lega. A Trapani invece – oltre al politico e altre persone – la Guardia di Finanza ha arrestato Rosario Agnello, “testa di legno” di Perricone nel consorzio e il responsabile Domenico Parisi. A spiegare il settore ci pensa lo stesso politico alcamese che – intercettato con la cugina il 6 agosto 2014 – confessava di temere di essere indagato, descrivendo ragioni e motivazioni. Questo è un estratto di quell’intercettazione:
Mary: ma, che cosa ci può essere?
Pasquale: MAFIA MAFIA!
Mary: mafia ma…
Pasquale: tutto qui!
Mary: incredibile, ma c’è ….voglio dire come!!! Questo voglio dire
Pasquale: sicuramente qualcosa c’è…
Mary: tu dici che sicuramente qualcosa c’è ?
Pasquale: si!
Mary: chi c’era dentro al porto? Sono cose assurde trovare, poi chi può dire una cosa del genere? Cioè voglio dire, ma sai niente di Morbiolo? (arrestato il 4 giugno 2014 per l’indagine sul Mose ndr), per quella sua questione di Venezia della cosa del Mose, non si sa più niente? Se è fuori o se non è fuori lui? il consiglio di amministrazione è stato tutto cambiato quello del Coveco, erano cinque ed ora sono tre e sono tutti esponenti della Lega, di là sopra chiaramente, tutti nuovi, anche Gnech..tutti puliti, tutti buoni giustamente!!!
Pasquale: che ti pare … questo minchia di settore è un settore di merda!… di merda !
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