Le nostre risposte al settimanale Social

Nei giorni scorsi è stato pubblicato sul settimanale trapanese Social un pezzo lungo tre pagine in cui si parla di “comunità-popolazione che ha affittato – spesso in nero – case, appartamenti e quant’altro e che più di recente s’è scoperta operatrice turistica specializzata in bed and breakfast“.
Ancora l’autore, riferendosi alla difesa del territorio posta in essere da questo Comitato e da altri attori sociali intervenuti in questi mesi, la descrive come “
tentativo di difendere lo status quo che, a parole, in tanti vogliono cambiare appellandosi allo sviluppo sostenibile, alla crescita consapevole, e che invece difendono a tutti costi perché ritengono di esserne primi beneficiari e protagonisti“.
Tutto ciò senza citare alcun dato a supporto.

Sulla base di quelle stesse affermazioni il direttore – dopo la pubblicazione del reportage denigratorio – ci ha inviato un elenco di domande scritte via mail (!) invece che proporci una vera intervista, come quella di tutti gli altri giornalisti, trapanesi e non.
Tanto era dovuto, ma per lealtà nei confronti dei sostenitori del Comitato #nomarineresort di seguito pubblichiamo le domande e le nostre risposte. 

1) Perché non fidate delle garanzie dell’amministrazione? Il Progetto sarà ridefinito e comunque Peraino ha detto che sarà posto all’attenzione del territorio. Dove sta l’inghippo?

Nessun inghippo. Si tratta di capire cosa lei intende per “garanzie”. Sono garanzie gli atti ufficiali, come la delibera di consiglio con cui, democraticamente, la popolazione si è espressa per il NO nel febbraio 2018.
È possibile by-passare la volontà espressa da un organo democratico, quale è il Consiglio Comunale, semplicemente accordando un rinvio della conferenza di servizi nella quale, verosimilmente, avrebbe potuto chiudersi la vicenda con un no ufficale?
È possibile per i nostri amministratori percorrere un itinerario scandito da incontri con la proponente società, di cui non si conosce il contenuto se non attraverso comunicati social?  “Peraino ha detto che il masterplan sarà posto all’attenzione del territorio”. Questa è un’ottima notizia e fa luce sull’atteggiamento condiviso che (forse anche grazie a noi) l’amministrazione vorrà tenere. Ma la vera domanda è: si tratterà di una partecipazione attiva e reale della cittadinanza o di una pubblica presentazione? Come cittadini siamo fiduciosi ma come menti critiche qualche dubbio ci viene. Ed in questo momento abbiamo ben poche garanzie a fronte di molti interrogativi.

2) Il vostro no al progetto è legittimo. Così com’è legittima la vostra azione a salvaguardia del territorio. Ma l’attuale condizione della portualità sanvitese vi sta bene? Quel che c’è ora rientra in uno standard europeo di efficienza?

L’attuale condizione della portualità sanvitese ha oggettivamente le sue criticità. Oggi, a causa della grande eco relativa alla vicenda Marina Bay, il “bisogno” di avere un porto nuovo sembra aver superato, nella percezione comune, quello ad avere delle infrastrutture adeguate al fabbisogno del paese: il sistema idrico, elettrico e fognario in primis, già carenti e sottodimensionati. Allora, secondo noi, diventa importante ridimensionare la percezione del bisogno per renderla coerente con la realtà. C’è bisogno di un porto, oggi come ieri e come 10 anni fa, così come di altri interventi strutturali. Occorre, dunque, applicare le procedure massimamente garantiste per il territorio e per l’economia; procedure che, tutto il mondo occidentale, nel 2020, impronta su gare pubbliche o – meglio – concorsi di idee tra professionisti del settore, tra le quali scegliere la migliore, la più MODERNA, LA PIÙ TECNOLOGICA, LA PIÙ ADEGUATA alle caratteristiche territoriali. Il fatto che oggi questo standard non vi sia, non comporta la necessità di gettarsi tra le braccia del primo offerente ma, anzi, di iniziare un itinerario volto alla migliore delle riqualificazioni del territorio. Penso che almeno questo i sanvitesi se lo meritino. 

3) Perché un gruppo imprenditoriale dovrebbe investire e nello stesso tempo distruggere l’area in cui sta investendo?

L’interesse di ogni (buon) imprenditore è quello di massimizzare il profitto. Se l’investimento conviene è difficile credere che l’imprenditore possa fare un passo indietro per il bene ambientale, economico e sociale di un territorio. Solo un’amministrazione forte può segnare, con atti ufficiali e documenti di indirizzo democraticamente adottati, i paletti che possano annientare i pericoli di cui parlo. Ma un’amministrazione forte fa anche un’altra cosa: non si nasconde dietro le proposte di un privato (estrema ratio di un sistema pubblico al collasso) senza aver prima esperito tutti i tentativi necessari a mantenere pubblica la base dell’intervento.
È stato mai fatto un tentativo di reperire finanziamenti regionali? Esistono, nelle mani del nostro Comune progetti relativi all’area portuale. Allora perché non attivarsi affinché il bene pubblico del porto di San Vito rimanga nelle mani dell’unico soggetto in grado di garantire tutela all’ambiente ed alla cittadinanza?

4) E se dietro tante proteste vi fosse la paura di non essere competitivi con le nuove strutture turistiche che potrebbero svilupparsi con il progetto ed a corredo del progetto?

San Vito Lo Capo vive tuttora una fase di crescita dell’offerta turistica. La concorrenza è un fenomeno che tutti gli operatori affrontano come variabile del loro quotidiano lavoro. La concorrenza degli oltre 1000 posti letto, derivanti dalla costruzione di un complesso cementizio sopra la spiaggia corallina del porto, è l’ultimo dei problemi creati dal progetto. La concorrenza non vi sarebbe perché semplicemente non esisterebbe più San Vito:

– privatizzare un polmone vitale per 50 anni significa impoverire i nostri visitatori di un pezzo del paese (s)venduto per la promessa di un porto (anch’esso privato, quindi non a beneficio della collettività);

– accettare la costruzione di un villaggio-resort all’interno del nostro paese, significherebbe aggiungere all’offerta turistica esistente non posti letto bensì una realtà economica di tipo industriale, massificata, globalizzata, assolutamente scollata da quella che è la realtà economico-culturale di San Vito, che invece va tutelata a qualsiasi costo: una realtà fatta di piccole gestioni dirette, un’economia diffusa che fa degli usi e costumi locali il proprio cavallo di battaglia. I resort li trovi ovunque, i San Vito Lo Capo soltanto qui;

– aggiungere un ulteriore (enorme) carico antropico su San Vito significherebbe firmare nero su bianco l’implosione delle infrastrutture primarie e dei servizi;

– immaginare che l’ipotetico diportista ricco, entrando al porto troverebbe tutto ciò di cui ha bisogno (piscina, spa, negozi), ci rende ancor più difficile credere che un tale tipo di flusso turistico possa arrecare beneficio all’economia della nostra cittadina. A meno che San Vito non cambi completamente volto, nel tempo, diventando sede di catene alberghiere pluristellate e boutique. Questo significherebbe rinunciare alla propria indipendenza economica ed alla propria cultura per diventare pedine di un villaggio-hotel artificiale. Lei lo sa come vivono i  messicani sulla costa caraibica costellata di resort?

Mi pare di aver chiarito come il sistema economico proposto dall’originario progetto “Marina Bay White Sand” sia assolutamente incompatibile con quello locale e come difficilmente il target turistico che sino ad oggi ha garantito vita e lavoro alla gran parte dei cittadini, rispettando le caratteristiche naturali del territorio, possa continuare a scegliere San Vito per le proprie vacanze in un contesto del genere. Ciò senza considerare che la devastazione costiera dovuta alla colata di cemento, al passaggio di un maggior numero di imbarcazioni ed all’aggravio delle già sofferenti infrastrutture primarie, certamente condurrebbe alla fine di questa economia. Altro che concorrenza.

 

5) E se dietro tante proteste vi fosse la reazione di un territorio che voleva scendere a patti con Marina Bay?

Mi creda, gli unici patti fatti sino ad oggi riguardano la nostra coscienza.

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